I fondali di Agrigento restituiscono preziosi reperti di un’antica nave

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Si tratta dei resti di una nave commerciale armata, presumibilmente di epoca tardo rinascimentale, giacente a circa 15 metri di profondità a ridosso della secca omonima, presso la foce del fiume Naro.
Il recupero è stato realizzato in maniera congiunta dalla Soprintendenza del Mare della Regione Siciliana, attraverso il consorzio Ganosis di San Leucio del Sannio (Bn) che si è aggiudicato l’appalto per i lavori, insieme a Guardia Costiera e Nucleo tutela patrimonio culturale dei Carabinieri. Il progetto è stato finanziato con risorse del Fondo per la coesione e lo sviluppo 2014-2020. I lavori sono stati realizzati dalla ditta esecutrice “Lavoro Sud Srl” di Favara.
I reperti, che si uniscono a quelli già recuperati nel 2007 e custoditi presso la Soprintendenza del Mare, saranno adesso restaurati nei laboratori del Parco archeologico della Valle dei Templi in base a un accordo tra i due enti.
Tra i reperti recuperati in precedenza anche alcuni pani di zolfo, raro documento proveniente dalla nave impiegata per il trasporto di materiali da una delle vicine miniere agrigentine. La straordinarietà del sito risiede anche nella lunga attività mantenuta nel corso del tempo, fino alla fine del XIX secolo quando le miniere furono abbandonate, rappresentando così un caso unico di bene archeologico le cui vicende cominciarono in età protostorica per andare avanti fino all’età industriale. In epoca moderna, lo zolfo estratto veniva caricato presso i porti di Agrigento e Marina di Palma, dove confluivano anche i carichi di altri siti minerari del circondario.
Il tratto di costa che dalla foce del fiume Naro si collega da un lato alla odierna Porto Empedocle e dall’altro al porto di Licata, si presentava particolarmente rischioso per la navigazione sia per le caratteristiche del fondale, sia per le frequenti incursioni di pirati. Dal lato ovest, l’altro importante porto da cui partivano i carichi di di zolfo era quello di Porto Empedocle, per secoli noto come “molo (o caricatore) di Girgenti”. È dunque ipotizzabile che la nave armata, salpata dal porto di Girgenti o da Marina di Palma col suo carico, abbia fatto naufragio presso lo Scoglio Bottazza che è stato tramandato come luogo di numerosi affondamenti a causa della particolare insidia rappresentata dalla secca, visibile e quasi affiorante in estate ma sommersa e dunque ancor più pericolosa durante l’inverno.

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