Non lasciamole sole: le donne di Palermo lanciano appello in favore di quelle afgane

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Noi, donne cristiane, liberamente aggregate, dalla città di Palermo, terra di accoglienza e crocevia di popoli, ma anche luogo di contraddizioni, soprusi e tradimenti politici, impegnate a servizio del territorio, prendiamo parola per dare voce alle donne afgane, nostre sorelle perché figlie della stessa umanità, nostre concittadine, perché abitanti della stessa madre terra. Il loro urlo di aiuto, forte e chiaro, scopre un vaso di pandora, stracolmo delle nefandezze da troppo tempo perpetrate dai potenti del mondo in un intreccio globalizzato di finanza, mercato, potere i cui costi ricadono su tutti, a partire dai deboli e dai poveri della terra. Tra questi per primi donne e bambini. Le donne afgane, tra le vittime più esposte, ora sono in prima linea a contrastare questa deriva. Riconosciamo nella loro forza vitale la premessa per una svolta paradigmatica, e nel loro coraggio un atto d’accusa contro i responsabili della catastrofe che le ha colpite. Nella catena del male i talebani sono il primo e l’ultimo anello, nel mezzo tanti altri soggetti responsabili. Le lacrime delle donne afgane hanno la forza di spezzare la catena e denunciare l’ingiustizia mondiale insieme a tutti gli assoggettati della terra che condannano: i governanti dei paesi ricchi, tra cui l’Italia, che fanno affari d’oro producendo armi destinate ai signori della guerra; i potenti della finanza che speculano su tutto e dissacrano continuamente la vita riducendola a merce; i politici che tradiscono il mandato di rappresentanza scambiando il loro “ministerium” in arbitrio di potere; i governanti dei paesi democratici che operano come se i popoli fossero sudditi, piuttosto che sovrani, a favore di modelli liberisti che salvaguardano gli interessi dei ricchi a scapito dei bisogni dei poveri; i manovratori della comunicazione mediatica privi di onestà intellettuale, allineati su un’informazione massificante, piuttosto che attenti cercatori di verità a servizio della giustizia sociale; gli imprenditori senz’anima, che hanno fatto della produttività un mero obiettivo di profitto al costo di stravolgere gli equilibri dell’ecosistema; gli intellettuali prestati al pensiero dominante, impregnati di vanità intellettualistica, traditori della ricerca libera che nutre cultura per la vita; e infine quest’atto d’accusa investa tutti coloro che hanno alimentato la corruzione umana e il conseguente degrado ambientale, nell’indifferenza di tanti, paghi del quietismo egoistico del proprio benessere, uomini e donne rassicurati dalle guerre lontane, dai disastri di terre altrui, dalla povertà e dalla sventura che riguarda altri.
Noi donne dell’occidente ricco, sazio e pasciuto, dell’Europa che ha smarrito la memoria dei suoi valori fondati sull’umanesimo, noi testimoni di una fede cristiana che vuole riaffermare la coerenza e la credibilità, non possiamo più restare zitte di fronte al declino di una civiltà nutrita dalla cultura democratica nata dalle macerie post-belliche del secolo precedente, che ora abdica di giorno in giorno ai suoi stessi principi, sotto la pressione di interessi dominanti, non possiamo più essere complici di quanti generano guerre e ingiustizie.
Ci uniamo alla forza delle donne afgane e di tutte le altre donne che guardano oltre, verso un orizzonte di vita nuova. Grate a tutte loro, le riconosciamo maestre di una via alternativa di convivenza pacifica dei popoli e delle Nazioni; le ringraziamo una ad una, pronunciando i loro nomi proibiti, dando voce a sette volti, un numero simbolico, rappresentativo di tutte le donne che come loro lottano e muoiono per dare senso e continuità alla vita vera: Zakia Khudadadi, la sportiva che ha dato tutto il suo impegno per partecipare alle imminenti Paralimpiadi, vincendo la prigionia del corpo a testimonianza della vittoria su ogni altro vincolo; attendiamo adeguata mobilitazione perché sia aiutata a realizzare il suo sogno;
Sadid Lailuma la giornalista che ha posto al mondo l’inquietante interrogativo “Com’è possibile che sia successo questo richiamando tutti noi ad aprire gli occhi per prendere consapevolezza che accettare la violazione del diritto di un solo essere umano, equivale ad aprire la porta alla privazione dei diritti di tutti;
Zafira Ghafari, la più giovane sindaca dell’Afghanistan, che non ha abbandonato la sua città, pur sapendo che i talebani non le daranno scampo. Da lei dovremo imparare a pensare il coraggio muliebre, altro da quello virile; Shadi Ghadrian, la fotografa che coi suoi scatti disvela in faccia al mondo la dignità forte e ostinata delle afgane anche quando imprigionate nei burqa, a dispetto di ogni forma di arroganza maschile che nei secoli ha inventato di tutto per sopraffare il genio femminile; Shamsia Hassani, l’artista che ha coperto la bruttura della guerra e l’orrore della violenza sulle donne, con la bellezza dei suoi graffiti, folate spirituali che restituiscono l’anima all’umanità violata e ricordano a tutti noi che senza dimensione di profondità non si edifica nulla; Zainab Fayez, la prima afgana a rivestire il ruolo di Pubblico ministero; da Kandahar a Kabul difende i diritti delle donne violate e abusate sotto ogni aspetto, mettendo a repentaglio la sua stessa vita. Il coraggio di questa donna, è una sfida al primitivo maschilismo di talebani e violentatori, ovunque si trovino;
Fawzia Koofi, laureata in scienze politiche, che ha scelto di spendere le sue competenze per la difesa di donne e bambini; membro nell’Assemblea nazionale afgana, rieletta più volte, nonostante gli attentati alla sua vita, non cessa di battersi in difesa dei diritti umani. Un modello di stile politico lontano un mondo, rispetto a quello cui siamo abituati.
Che la sofferenza delle donne afgane risuoni come un monito per le nostre coscienze: NON LASCIAMOLE SOLE!
Chiediamo l’immediata apertura di corridoi umanitari per uomini e donne che rischiano la faida talebana; chiediamo modalità semplificate e tempestive di adozioni per le donne e per i loro bambini in fuga dall’Afghanistan; chiediamo un impegno trasparente di azioni concrete di pace e di giustizia da parte dei rappresentanti che si incontreranno nel prossimo G20, perché non si risolva in proclami di facciata e in compromessi di convenienza, ma in una messa in atto di azioni realmente a vantaggio dei popoli.
Stefania Macaluso, docente – Anna Staropoli, sociologa – Valentina Chinnici, docente – Nicoletta Purpura, dirigente – Valeria Trapani, teologa liturgista – Vita Margiotta, docente – Adele Di Trapani, giornalista – Orietta Sansone, docente – Antonella Orlando, religiosa insegnante – Fernanda Di Monte, giornalista – Concetta Mancino, docente – Cristina Veroni, docente infermiera – Vita Giammarinaro, docente – Anna Pia Viola, filosofa – Fiorenza Polizzi, imprenditrice – Sabrina Puglia, avvocata – Alia Tarantello, docente – Giuliana Mineo, architetto.

Si sta già attivando uno strumento telematico di raccolta firme di cui vi daremo notizia più avanti.

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